Algoritmi infranti Durante tutta la storia del arte la trasformazione dello stile, degli materiali artistici, delle idee e soggetti non si è mai fermata, arricchendosi, impoverendosi, cercando nuove vie e strade a percorre. A un certo punto, sembra che tutta l’arte fatta è sempre una ripetizione ed un continuo rifarsi, cambiando solo la tecnica. Tutto sta andando sempre più per accontentare le masse, guadagnare i soldi, ed è tutto in vendita, anche ruoli per quali l’obiettività dovrebbe essere santa e sacra: critici d’arte, giornalisti. Ormai siamo collegati al web, e siamo impegnati a distribuire ciò che ci piace, ci sono industrie di stampa che producono delle stampe dei quadri di grandi maestri su tela, anche con le pennellate belle a 3D. E ora sono riusciti a produrre un nuovo quadro di Rembrandt con gli algoritmi. Io sono una grande amatrice di Rembrandt. Nello schermo non mi ha impressionato un granché. Potrebbe essere che sono condizionata? Provate a pensare quanti quadri di Morandi, Miro e Mondrian, Monet e Modigliani possono creare? Allora, incuriosita di questa cosa, sono rivolta a un allievo della informatica che sta studiando tutto sui algoritmi, e l’ho chiesto cosa possono fare con i quadri/disegni di un’artista, che non ha uno stile riconoscibile? Ha detto che non possono fare un bel niente! Sono stata sempre criticata dagli critici d’arte per il discorso della mia ricerca artistica infinita, e del non avere uno stile riconosciuto: uno stile semplifica la vita a tutti, e crea un prodotto: Le regole di pubblicità e commercio di un prodotto: delineare il profilo del compratore. Scegliere unita e unicità del prodotto: deve essere riconoscibile. L’arte per la mio opinione è tutt’altro. L’arte si vive, ce un processo, è ampia. Non ce fretta. Gli critici, i galleristi vogliano un prodotto facile da vendere, riconoscibile. Però, dov'è quindi sta la ispirazione divina, il cosiddetto dialogo tra l'artista e la creazione, che non dovrebbe essere influenzato di commercio? Dove sta la verità artistica d'avanti la pressione del riconoscimento? Arte non abbinata a un salone, o un certo tipo di pubblico? Certo che non pretendo di sapere le risposte, ma so anche riconoscere quando un'artista si piega al commercio, e magari anche ha successo, ma diventa schiavo di se stesso.
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